Yu-Gi-Oh! Links Beyond the Magic

[AZIONE] [FANTASY] [V.M.13]

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    A pagina uno sono presenti i seguenti capitoli
    0, 1, 2, 3.


    Capitolo 0 - Prologo.



    Dake camminava a passo lento per le vie della città. Era notte. Una delle regole più severe imposte alla città era il divieto di trovarsi fuori di casa dopo il tramonto. Le pene potevano essere svariate, a seconda dell’orario in cui si veniva scoperti, ma il ragazzo aveva più volte gettato una fugace occhiata al suo orologio da polso, vedendo un inquietante orario che superava la mezzanotte. L’unica prospettiva che vedeva nel caso fosse stato trovato sarebbe stata quella di morte. Una prospettiva agghiacciante, specialmente dopo che aveva sentito dei metodi di morte usati: non c’era la normale ghigliottina, che assicurava una morte veloce e indolore, ma morti come la crocifissione, l’impiccagione e, addirittura, essere posti in una gabbia piena di Vraal, le creature simili a cani, ma molto più feroci, una specie geneticamente modificata di quelle che erano tenere creaturine.
    Le regole, nel Regno, erano solitamente proibizioni: nessuno aveva diritti ma tutti avevano doveri. Le uniche persone che non erano soggette a queste regole erano i misteriosi Soldati Neri, un corpo di guardia che pattugliava le vie di tutto il regno, e il misterioso Gulldor, l’essere che dominava sul regno.
    Un velo di tristezza passò sul volto del ragazzo quand’egli pensò a come erano cambiate le cose: gli anni dell’infanzia erano passati felici, poi, d’un tratto, tutto cambiato. Non c’era voluto molto. Era bastato l’arrivo di quell’essere, di quel Gulldor, nel Regno, per sottomettere tutto al suo volere. Un mago, dicevano in molti. Un folle, secondo Dake.
    Non aveva senso, non poteva avere senso. Non poteva morire solamente per l’essersi addentrato in un frutteto alla ricerca delle mele, frutti che il ragazzo amava, tanto buoni quanto proibiti. Il Folle era goloso di quei frutti, e quindi un altro divieto era stato posto.
    Rumore di passi. Piccole imprecazioni da parte del ragazzo. Le sagome dei Soldati Neri nell’oscurità. La paura. Gli eventi si susseguirono in una rapida sequenza, permettendo al ragazzo solamente di sfiorare una scatola che aveva attaccato alla cintura. Il Porta-Mazzo. Un bagliore di speranza in tutto quel buio di disperazione, finalmente.
    Con un sorriso che gli si dipingeva sempre più grande in volto, portò le mani ad aprire, con movimenti febbrili, la scatoletta rossa, per poi cercare con movimenti spasmodici un qualcosa tra tutti quei pezzi di carta apparentemente identici. Un bagliore negli occhi. Finalmente.
    Alzò la carta e la lanciò a terra: con un breve bagliore si espanse sul terreno, diventando praticamente mimetizzata, ma i Soldati Neri avevano visto quel debole bagliore e si erano avvicinati minacciosamente.
    Dake si nascose dietro un mucchietto di barili, aspettando con un sorrisetto che la mossa fatta poco prima facesse effetto. Accadde tutto in un istante. Un quasi impercettibile rumore, e la carta si attivò, creando una buca sotto i piedi dei Soldati e facendoli cadere. La carta Buco Trappola aveva fatto il suo effetto, quindi tornò sotto raggi di luce nel Porta-Mazzo dell’utilizzatore.
    Non ci volle molto, i Soldati Neri chiamarono rinforzi. Dake era nei guai. Sebbene quella carta lo avesse salvato, ora era nei casini come e più di prima. Le carte, una innovazione tecnologica destinata a pochi eletti, e Dake era tra quelli. Ponendole nel Lancia-Carta si potevano posizionare dove si voleva, e i loro effetti erano spesso molto utili, come quello appena utilizzato.
    Non poteva perdere tempo, e non lo fece: niente altre carte, avrebbe potuto attirare attenzione, ora tutto spettava alla sua abilità fisica, quindi prese a correre lanciandosi a grandi passi nei piccoli tappeti erbosi, tentando di attutire il rumore dei suoi passi. Il minimo rumore poteva essere fatale.
    Grandi balzi sull’erba. Dolore al gomito. Spaventato se lo guardò, vedendo un lungo taglio che lo attraversava, lasciando colare il suo liquido vitale sull’erba. “Maledizione” pensò, spaventato. I Soldati Neri erano dotati di piccole pistole praticamente infallibili, eppure erano riusciti a colpirlo di striscio. Forse non volevano ucciderlo. Forse... il pensiero si manifestò, orribile e inoccultabile, nella mente del ragazzo: quei Soldati fiutavano il sangue umano come un cane antidroga avrebbe fiutato la cocaina. E poi risucchiavano il sangue dall’essere che lo perdeva. Una delle morti peggiori. Non voleva morire perché gli avevano succhiato il sangue. Non voleva morire e basta, anzi.
    Un salto, poi un altro, poi la prospettiva di salvezza, finalmente, un alto muro. In quegli anni di terrore era riuscito, evitando quei Soldati, a sviluppare capacità fisiche sopra la media: un salto e l’avrebbe superato e, con un po’ di fortuna, non avrebbe lasciato traccia di sé.
    I piedi già non toccavano terra, le fibre dei muscoli si scioglievano e si riscaldavano, quel calore che precedeva un grande sforzo fisico. Tutte le fibre del suo corpo erano in tensione. E poi non riuscì nemmeno a raggiungere la metà di quel muro.
    Si sentì bruscamente schiacciato a terra. Alzando lo sguardò con orrore riuscì a vedere solamente due piccoli occhietti rossi. Un Soldato Nero. La bocca si avvicinava al gomito ferito, e dietro, inesorabili, gli altri Soldati, evidentemente ansiosi di gustarsi il sangue del ragazzo.
    Un secondo sforzo. Non serviva per saltare, ma per salvarsi, comunque. Non serviva poco, serviva un grande sforzo. Un altro grande sforzo. Come se non fossero bastate, tutte le disavventure di quella sera. Sembravano dover continuare all’infinito, un continuo, dannatissimo, ciclo perpetuo.
    Forza, si disse, manca poco. Le gambe si avvicinarono al petto, per poi distendersi. Male. Sforzo fisico. Il corpo del Soldato Nero che veniva lanciato in aria dalla spinta. La salvezza. Fu un attimo di confusione che aleggiò nel drappello di soldati, ma bastò. Uno scatto, una spinta verso l’alto, e il ragazzo atterrò senza fare rumore su un tappeto d’erba, oltre il muro. Un altro rapido movimento a rovistare dentro la tasca dei pantaloni ed ecco anche un cerotto, per evitare che l’odore di sangue attirasse ancora quei dannati esseri.
    La salvezza, finalmente la vedeva concreta, quel giorno. Una rapida corsa ed ecco i contorni, sempre più nitidi, dell’abitazione.
    Entrò e chiuse a tripla mandata la porta, per poi tirare un sospiro di sollievo.
    Si buttò nel divano, sganciò dalla cintura il porta-mazzo e lo lanciò sul tavolo, per poi dirigersi a passo lento verso la libreria, afferrandone un libro: il titolo recava, anche se sbiadite, le ancore leggibili parole ‘EVOLUZIONI TECNOLOGICHE’.
    Già, pensò, in un mondo in cui la tecnologia è sviluppatissima, il Regno è totalmente sottomesso da un mago e dalla sua folle magia.
    Gli occhi passarono in rassegna le varie lettere, prima di raggiungere il capitolo sperato: ‘I Duelli’.
    Erano un libro stampato personalmente dal Folle, che voleva far sapere al mondo un’altra delle sue folli regole: le dispute, le discussioni, insomma, tutto, poteva essere risolto in un solo modo: con le battaglie.
    Potevano essere semplici risse come potevano essere guerre, o potevano essere Duelli a Carte. Queste erano battaglie più sotto pelle, in cui contava più l’intelligenza e l’astuzia della forza fisica, e per questo motivo era un tipo di battaglia disprezzata dai cavalieri neri.
    C’era forse un modo per ripristinare l’ordine? Per far tornare la giustizia a regnare? Per eliminare Folle e Soldati definitivamente, e tornare alla vita agiata, felice e spensierata degli anni passati?
    Forse. E, se c’era, Dake avrebbe dato tutto per riuscire a raggiungere il suo obbiettivo.

    Edited by Nossy - 22/2/2014, 15:18
     
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    Capitolo 1



    Non era passato molto tempo da quando Dake aveva letto, per ricordarsi meglio, le regole dei duelli a carte. Non che odiasse fare a botte, anzi: aveva anche un coltellino da usare nelle risse, cosa che lo aveva salvato diverse volte. Andava spesso nei pub, a bere o a rilassarsi, e capitava sempre più spesso che gente ormai senza speranze passasse le sue giornate ad ubriacarsi, sperando di dimenticare i problemi di quella vita nel terrore. Ma da ubriachi spesso prendevano a botte chiunque passasse loro vicino. E in questi anni aveva sviluppato una sorta di istinto omicida verso chiunque lo minacciasse. Aveva appreso in pochi anni a non avere pietà e a porre la sua vita prima di quella degli altri. Solamente grazie a questa tendenza all’individualismo era riuscito a sopravvivere.
    Un’altra cosa che aveva imparato, negli anni di terrore, era stato l’evitare di sporcarsi di sangue, o di perdere del sangue. I Soldati Neri sapeva rintracciare chiunque fosse collegato al sangue nel mondo esterno, e lui sapeva evitare di farsi riconoscere da quei soldati. Fino alla sera prima, perlomeno. Sospettava di essere ricercato dopo la fuga della notte prima. L’essere ricercato comportava dei problemi praticamente a tutta la sua vita. Come se non ne avesse avuti abbastanza in quei dannati sette anni. Non avrebbe più potuto uscire di casa senza essere additato come farabutto, ma quello sarebbe stato il problema minore: non avrebbe potuto muovere passo senza essere ricercato dai Soldati. Una grande seccatura per uno come lui, un’anima libera che preferiva di gran lunga rimanere all’aria aperta, per quanto inquinata fosse l’atmosfera del regno, invece di rimanersene a casa.
    Il ragazzo abbandonò questi pensieri di fronte a un rumore contro la porta della casa. Qualcuno stava bussando. Si mise a sedere e poi si alzò, svogliatamente, avvicinandosi a passo lento mentre i colpi contro la porta si facevano più veloci e violenti. “Ci sono...” sbadigliò Dake mentre la porta veniva aperta e, con un cigolio, mostrava la persona all’entrata, una ragazza sui sedici anni i cui capelli rosso chiaro parevano sporchi di sangue, un dettaglio che impensierì il giovane.
    “Scusa? Chi sei?” domandò senza troppo garbo il ragazzo. Altro particolare introdotto dagli anni nel terrore, la totale mancanza di educazione. “Che cavolo vuoi?” continuò a domandare. Non ricevette risposta, non subito. O, meglio ancora, la ricevette sotto forma di gomitata, rapidamente schivata con un movimento indietreggiante della testa. Dake sorrise. Un altro scontro. Si era già riposato, una piccola sosta di circa mezz’ora, ed era bastata a ritemprare totalmente il suo corpo fisicamente sfinito dall’incontro precedente con i Soldati Neri. La ragazza continuava a rimanere impassibile anche di fronte all’eccitazione del ragazzo per l’imminente battaglia, come se fosse totalmente distaccata dalle emozioni umane.
    Il sedicenne si sentiva sicuro, sia in termini di sicurezza da scontro, in quanto era riuscito a prevedere e a evitare l’attacco dell’avversaria senza praticamente alcuna esitazione, sia in fatto di movente, in quanto era sicuro che la ragazza altro non fosse che un superiore dei Soldati Neri. Inoltre, se fosse riuscito a sconfiggere in battaglia una personalità di così alto rango, sarebbe stato totalmente sicuro di non aver problemi con i Soldati Neri. Sarebbe bastata una rissa a liberarsene, secondo lui, dopo essere riuscito a sconfiggere una persona di alto grado.
    La ragazza indietreggiò per poi avanzare con la mano aperta protesa in avanti. Una manata, forse? Un attimo di indecisione per il ragazzo, che si trovò con la mano della ragazza schiacciata in faccia. Non gli faceva male, allora perché quella tizia l’aveva preferita a un pugno, mossa che gli avrebbe potuto fare diverse cose non troppo piacevoli? Aveva sentito spesso alcune strane voci, secondo cui i pugni dati dai Generali, così si chiamavano le persone di alto rango, causavano normali sanguinamenti del naso come potevano causare svenimenti, fracassamenti del cranio o, addirittura, indurre al coma. Senza contare la morte.
    La sua domanda trovò presto risposta, anzi, quasi subito: nei palmi delle mani della ragazza si manifestò un bagliore inizialmente non identificabile, ma che, dopo qualche secondo che Dake passò nell’incertezza, si trasformò in una fiammella. Questa si staccò dalla mano della ragazza e le due fiammelle, una volta che s’incontrarono, si fusero e divennero più grandi. “Va bene,” pensò il ragazzo, “dev’esserci una soluzione.”
    I secondi passarono e la soluzione non arrivò, quindi la fiamma, una volta raggiunto il volto di Dake, gli si appiccicò ricoprendolo totalmente, mostrando come non fosse in realtà una fiamma ma una sostanza gommosa, elastica, malleabile e, soprattutto, bollente, che fece stringere i denti al sedicenne dal dolore... per poi esplodere, senza tuttavia causare danni visibili sul volto della vittima. Il dolore era solo interno, nell’aspetto esteriore nulla si poteva vedere. Dake, che era stato sbalzato al muro dall’esplosione, si rialzò e caricò l’avversaria con un pugno, mentre ragionava. Era forse magia, quella che aveva appena subito? O, forse, si trattava di una carta? Non doveva escludere il fatto che fosse una carta, effettivamente. I Possessori delle Carte che sapevano sfruttare il Lanciacarte, o Duellanti, erano molto rari, ma non per questo doveva pensare di essere l’unico. Ciò nonostante non aveva scorto il Lanciacarte della ragazza, quindi escluse istintivamente la possibilità.
    La ragazza si scostò appena, evitando il colpo del ragazzo e dimostrando un’agilità e una prontezza di riflessi di gran lunga superiori a quelli mostrati poco prima, evidentemente l’aveva fatto per indurre Dake a sottovalutarla. Una mossa da veterani. E, se c’era una cosa che a Dake mancava, era l’esperienza psicologica. Sapeva come impostare combinazioni di calci e pugni, sapeva dove i suoi colpi facevano più male, sapeva dove e come colpire, ma non sapeva indurre un avversario a fare specificatamente qualcosa, come sopravvalutarsi.
    Il ragazzo non era, tuttavia, uno sciocco, e dopo un altro colpo schivato capì che nel corpo a corpo non poteva fare molto per contrastare una tale nemica. Non rimaneva che un modo per risolvere la questione. Doveva essere rapido. Si mise a sedere e gonfiò le guance. L’avversaria caricò un pugno e si avventò contro di lui. Dake si lanciò di lato all’ultimo, facendole perdere l’equilibrio. Aveva guadagnato secondi preziosi, ed era a questo ch’egli mirava. Sgonfiò le guance dall’aria che ci aveva posto d’un fiato, poi riprese aria e gridò:
    “MODALITA’ DUELLO!”
    Ecco, c’era riuscito. Alcuni numeri di natura virtuale presero a salire e a formare una cupola che ingabbiò i due, mentre due strutture, una per persone, salivano praticamente dal nulla: erano composte da un ripiano di circa un metro e mezzo e, sopra, una struttura che descriveva una griglia composta da due righe e sette caselle per riga. Sulle caselle agli estremi della riga più bassa apparvero due mazzi, rispettivamente di quindici e quaranta carte, mentre un indicatore stava a mostrare i volti dei due duellanti, seguito da una barra totalmente blu e un numero.
    LIFE POINTS DAKE 8000 – LIFE POINTS ALICIA 8000
    Dake tirò un sospiro di sollievo. Era risaputo che, una volta formulata la frase “Modalità Duello” durante una disputa, la modalità di scontro cambiava radicalmente, eppure era comunque contento di sapere che non c’erano stati intoppi. Forse perché pensava che sarebbe stata la sua unica possibilità, non aveva pensato a un eventuale errore nell’inizializzazione della creazione dello spazio di Realtà Virtuale dedito a ospitare i duelli a carte, ma gli era venuto in mente non appena aveva visto la cupola rinchiudere lui e avversaria.
    Non che fosse totalmente fuori pericolo, purtroppo. Doveva ancora riuscire a vincere quella partita a carte. Fortunatamente per lui, un’altra regola nei Duelli a Carte era data dal fatto che era proibito dialogare con l’avversario, se non per esplicare le mosse fatte e i poteri delle carte, e ciò evitava quello che in passato veniva chiamato “Trash Talking”, ovvero il parlare a vuoto per infastidire e far confondere l’avversario. L’imparziale computer della realtà virtuale chiamò proprio lui come primo giocatore, in quanto la sua area di gioco si illuminò, oscurando quella avversaria.
    “Bene...” disse Dake afferrando una carta dalla cima del mazzo e portandosela alla mano. “Pesco. Ora attiverò la carta Magia Ciclo di Distruzione...” fece ponendo la carta nell’apposita zona, mentre il proiettore di ologrammi, una volta scannerizzato il codice a otto cifre, modificò l’aspetto del terreno del sedicenne, creandoci delle crepe da cui ogni tanto schizzavano dei getti di magma bollente. “... con cui ogni volta che chiamerò in campo un Mostro Galil, potrò aggiungerne alla mano un altro, a patto che il suo livello sia pari o inferiore.” Spiegò mentre l’avversaria, a dimostrazione di aver capito, annuiva. “Adesso la carta non mi servirà... o almeno, non subito: infatti chiedo ora l’intervento di Coniglio da Soccorso!” esclamò Dake mentre il mostro da lui chiamato appariva subito, creato dai proiettori di ologrammi: si trattava di un coniglietto bipede con una radiolina attaccata al collo e il pelo bianco e marrone. Improvvisamente la radiolina dell’animale diede strani segnali di comunicazione, ed esso scomparve, sostituito da due mostri totalmente uguali: si trattava di esseri tozzi, dalla pelle dura di colore blu, con due cannoni ciascuno, posti sulle spalle, dalle cui bocche colava del magma bollente. Agli occhi presentavano degli occhiali che non permetteva di vedere i loro volti. “Oh, mi sono scordato di avvertirti!” esclamò Dake. “Ho attivato l’effetto di Coniglio da Soccorso, con cui ho chiamato due Mostri Normali con lo stesso nome: in questo caso i miei due Fonditori Galil... che sono considerati Mostri Normali solo finché rimangono nel mazzo! Una volta scoperti guadagnano il loro potere speciale... ma io non lo userò ora... per prima cosa si attiva il Potere della mia Magia Continua: con essa guadagnerò alla mano due Mostri Galil di livello 4 o inferiore... nello specifico, Massimizzatore Galil e Drago Galil...” fece, aggiungendo alla mano le carte da lui descritte. “Ora procedo con il creare un legame di sovrapposizione!” esplicò mentre i suoi due mostri, trasformati in fasci di luci rosse, si lanciavano in un portale galattico, causando delle implosioni al suo interno. Quando queste furono finite, la nuova creatura di Dake fece la sua apparizione in campo... “LUCERTOLA GALIL (ATK 2300)! " Era, come se non si fosse capito, una lucertola fatta interamente di lava, con due lucciole che le ronzavano attorno. “Ora posso anche passare la mano.”
    Le luci olografiche si spostarono su Alicia, che poté formalmente dare il via al suo turno. “Pesco.” Il tono di voce, che Dake poté sentire per la prima volta in quella occasione, era piatto, quasi come se la ragazza non provasse emozioni. “Ora attivo Ricarica Solare. Con questa carta manderò un Mostro Fedele della Luce dalla mia mano al cimitero. Così facendo potrò pescare due carte e mandarne due dal mazzo al Cimitero.” Spiegò senza cambiare tono di voce, mentre le operazioni da lei descritta avvenivano, e una forte luce irradiava il suo mazzo. “Ora chiamo in campo Lumina, Evocatrice Fedele della Luce.” Disse mentre una ragazza dai capelli biondi molto chiari, indossante una tunica che lasciava scoperte le braccia, appariva sul Terreno e, dando diversi colpi con le mani all’aria, richiamò una seconda copia di sé stessa. “Effetto di Lumina: scarto una carta e resuscito un mostro Fedele della Luce di livello 4 o inferiore. Procedere con la Rete di sovrapposizione.” Continuò a ordinare Alicia, mentre le due ragazze si scomponevano in fasci di luce e formavano un essere che pareva essere fatto da un ammasso di stelle legate da raggi di luci. “Ora sovrappongo a Costellazione Hayades la Costellazione Ptolemy M7 (ATK 2700).” Continuò, sempre in tono piatto, la ragazza, mentre il suo ammasso di stelle diveniva più grande e formava un drago meccanico che si avventò contro la creatura di Dake, distruggendola.
    LIFE POINTS DAKE: 7600
    “Cavolo, ottima mossa! A continuare così la partita finirà domani!” commentò sarcasticamente Dake, dimenticandosi che l’avversaria non poteva sentire altro che la spiegazione delle mosse e degli effetti delle carte dell’avversario. Nel mentre Alicia aveva mandato una carta dalla mano al Cimitero. “Proseguo mandando dalla mano al Cimitero la carta Pop-Corn Lucente: con essa un mio mostro LUCE potrà nuovamente attaccare.” Rivelò mentre il gigantesco drago meccanico stellare apriva nuovamente le fauci e da esse lanciava una sfera di energia sfrigolante contro Dake, infliggendogli forti danni.
    LIFE POINTS DAKE: 5000
    Alicia non disse niente, ma le luci che si spostavano diedero il segnale al sedicenne per iniziare il suo turno. “Pesco! Ora evoco normalmente Massimizzatore Galil!” esclamò mentre il mostro da lui chiamato, composto da due fiammelle antropomorfe, appariva sul terreno. “Ora ne uso l’effetto!” proseguì. “Mandando un Galil dal mio mazzo al cimitero, mi è concessa l’Evocazione normale di un altro mostro Galil. Mando al cimitero Galil Ondata Solare per evocare Drago Galil! Inoltre si attiva il potere di Galil Ondata Solare, con cui manderò un altro Galil dal deck al Cimitero, come Uovo Galil! L’effetto di Uovo Galil mi fa aggiungere alla mano un altro Galil dal Cimitero, come Lucertola Galil, che torna nell’Extra Deck! Inoltra bandisco Uovo Galil per richiamare in campo Ondata Solare! Controllo solo Mostri Galil, quindi chiamerò anche Orfano Galil dalla mia mano, in posizione difensiva!” troppe Evocazioni, si disse Alicia, mentre i vari mostri apparivano: si trattava, oltre alle due fiammelle, di un serpente di fuoco, un drago rosso con delle fiamme nelle mani e un ragazzo vestito di stracci dalla pelle scura. “Ora sincronizzo Galil Ondata Solare e Orfano Galil, per evocare Arcidemone Drago Rosso (ATK 3000)!” il Serpente di Fuoco e il ragazzo dalla pelle scura si scomposero in otto sfere, che crearono un gigantesco drago rosso dalle ali nere, che spiccò il volo e rimase levitante vicino al soffitto dell’abitazione. “Effetto di Ondata Solare: essendo rimosso dal terreno, richiamerà il Mostro bandito! Torna, Uovo Galil!” ordinò mentre anche l’uovo che dalle crepe lasciava trasparire delle lingue di fiamma appariva nuovamente in campo. “Continuo sincronizzando Uovo Galil, Drago Galil e Massimizzatore Galil! Cinque! Seduttrice Galil, appari!” gridò. I mostri da lui elencati si trasformarono in sfere, che a loro volta formarono una ragazza dai lunghi capelli biondi, indossante solamente una maglietta stretta stretta e una minigonna. “Attivazione effetto: mandando due Galil dal deck al cimitero prenderò controllo del tuo mostro!” ordinò. La Seduttrice alzò un po’ la minigonna, scoprendo di più le gambe, e il drago passò immediatamente sotto il controllo di Dake. “Ora attivo E- Energia, aumento l’attacco di Arcidemone di 500 punti, concludo.” Disse mentre il suo drago diventava più potente e i tre mostri chiudevano la partita.
    La realtà virtuale scomparve e la ragazza era ridotta male a causa dell’azzeramento dei punti vita. Dake le si avvicinò e le chiese: “Allora... chi sei tu?”
     
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    Capitolo 2



    Quanto tempo era passato? Qualche minuto? Un’ora? Due giorni? Forse un mese, forse un anno. Alicia aveva perso la cognizione del tempo dal momento della sua sconfitta. Semplici e confuse immagini si sovrapponevano nella mente della ragazza oscurando i freddi pensieri che la vita nel terrore le aveva inculcato in testa, impossibilitandola a pensare a qualsiasi cosa non fosse successa da quando entrò nella casa di Dake: l’incontro con lui, la breve rissa e il duello. Il ragazzo aveva stile, certamente, ma doveva essere dotato, nonostante la scortesia iniziale, anche di una vaga e appena accennata pietà nei confronti del prossimo, o almeno era questo che la rossina pensava mentre le fioche luci di un candelabro posto qualche metro sopra di lei le inondavano la vista e si metteva a sedere.
    La superficie su cui poggiava la ragazza era soffice, o almeno questo le diceva il tatto, ed effettivamente si trattava di un materasso: passando in rassegna il luogo in cui si trovava, Alicia comprese di essere in una camera da letto. Pareti gialle, stanza spoglia con un semplice letto e una scrivania e una porta. La ragazza andò verso quest’ultima e uscì dalla stanza.
    La nuova sala si presentava come una stanza molto ampia - almeno il triplo della camera da letto in cui la ragazza si era risvegliata, si potrebbe dire – dalle parete bianche rovinate, forse dal tempo, forse da qualcos’altro: crepe, bruciature, macchie di liquido nerastro si potevano notare anche solo a una prima, superficiale occhiata ai muri, come a narrare di quanto venissero trascurati i bisogni secondari per riuscire, difficilmente, a soddisfare quelli primari. Non era una prospettiva allegra, ma tutti – tutti i vivi che volevano continuare a vivere – vi si erano abituati. Il passo difficile era stato accettarlo, una volta fatto ciò tutto era divenuto più semplice. Per quanto di semplice si potesse parlare.
    Abbandonando per un attimo ciò che gli occhi facevano comprendere ad Alicia, la rossina poteva sentire dei suoni: i primi erano degli spasimi e la voce che li produceva era giovane ma bassa, tutto il contrario di quello che si sarebbe potuto sentire in una opera lirica nella parte di tenori e soprani, come un ragazzo costretto a un grande sforzo fisico. Il secondo, più lieve, era un suono come di colpo ma ovattato. Seguendo questi pensieri la ragazza si avventurò per la stanza spoglia, raggiungendo finalmente la fonte dei suoni: Dake, indossante solamente dei comodi pantaloni sporchi di terra e quello che pareva sangue, madido di sudore, e un manichino, forse di gomma, forse di pelle, e riempito di quella che sarebbe potuta parere sabbia, sia per il suono ovattato che i pugni producevano al contatto col manichino, sia per la grande quantità del suddetto materiale sparso per il pavimento. Alicia lo guardò per qualche istante, poi esordì con il suo solito tono freddo e distaccato:
    “Tu sei Dake?” domandò mentre lo sguardo si poneva sui piedi, poi andava ai pantaloni, passava per il petto e raggiungeva gli occhi del giovane, che s’era nel frattempo voltato al sentire la voce. Una immensa tristezza mista a odio si notava in essi, forse rammarico. Ma perché quest’ultimo sentimento?
    Gli occhi sono lo specchio dell’anima, si dice. Si dice anche che la verità sta negli occhi come in bocca dopo qualche buon bicchiere di vino. Dipende da persona a persona, da quanto riesce a reggere agli alcolici. E Alicia aveva imparato a capire dagli specchi. E a rendere il suo perfettamente opaco, in modo da non lasciarsi distrarre da futili emozioni e sentimenti.
    L’amore? Inutile manifestazione di affetto, futile, che verrebbe schiacciata in pochi secondi. Odio? Se ci si lascia accecare dall’odio si vede solamente ciò che si vuole vedere. Perdendo di vista le cose più importanti. Rabbia? Ti impedisce di ragionare. Uno dei motivi per cui i vichinghi, i leggendari Berserker del folklore nordico di antiche civiltà dei tempi passati, se n’erano andati via. Per sempre. Un popolo sempre in guerra le cui grida selvagge incutevano terrore nell’animo del più impavido e scalfivano le convinzioni di un generale sicuro della propria vittoria. Ma che comunque la forza del tempo, dell’intelletto e dell’evoluzione erano riuscite a cancellare. A dimostrare di quanto le emozioni fossero inutili, a rafforzare le convinzioni della ragazza, a mostrare quanto movimenti filosofici tra loro contrapposti avessero un giusto e un sbagliato, come Illuminismo e Romanticismo. Il primo affermava del valore della luce della ragione, il secondo dell’importanza delle emozioni, della creatività e degli idealismi del singolo. E il primo era uscito vincitore dalla mischia.
    “Affermativo. Tu saresti...?”
    La risposta del ragazzo non aveva un tono dissimile da quello usato per la domanda di Alicia, ma le parole scivolarono veloci e non ben scandite. La velocità e il non pensare erano sicuramente due peculiari doti di Dake. “Devo prendere tempo per pensare. Non posso farlo. Se penso sono morto”. Queste erano le sue convinzioni, e gli avevano conferito lingua sciolta e favella non ben comprensibile ai più, ma il cui significato era comunque intuibile senza cadere troppo in errore.
    La ragazza prese del tempo per rispondere, sempre sotto lo sguardo attento del ragazzo, ma le parole arrivarono nel giro di una ventina di secondi.
    “Alicia Aldebaran. Suppongo tu ti stia chiedendo il motivo della mia visita...”
    “No, non me lo sto chiedendo affatto!” ribatté il giovane con voce violenta e infuriata, accompagnando le sue parole con un gesto della mano dedito a spingere il pugno da destra verso sinistra: non aveva un reale motivo, ma il ragazzo soleva sfruttare cenni simili per enfatizzare le parole nelle sue frasi. “So benissimo chi sei: una bastarda al soldo di quel bastardo di Gulldor che mi vuole ammanettare perché ieri sono sfuggito a quei bastardi!” esclamò con voce rotta per poi tirare un pugno al muro, causandovi una leggera crepa. “Ah, per caso ho detto bastardo?” aggiunse con tono ironico e sprezzante guardando negli occhi la ragazza con un sorrisetto di scherno in volto.
    Alicia non fece una piega, quasi come se si aspettasse una reazione simile, ma frugò nelle sue tasche estraendo un Lancia-Carte in perfette condizioni, in stridente contrasto con quello di Dake, come tutti i suoi beni sporco di fango, sangue e quant’altro.
    “Ma anche no. Devi sapere che faccio parte di un gruppo di ribelli. Armati di Lancia-Carte e non, tentiamo di spodestare Gulldor e far tornare a regnare almeno la parvenza della legalità che ormai è scomparsa da nove anni. Perché, pensavi davvero non ci fossero gruppi di rivoluzionari?” domandò aggiungendo poi l’ultima frase a vedere una smorfia di sorpresa sul volto del ragazzo. Nonostante questo, Dake continuò a rispondere a tono.
    “Oh, e davvero ti aspetti che io ti creda? E, sentiamo, come mai mi avreste cercato? Perché ho un Lancia-Carte?” chiese con un sorriso senza gioia in volto. Quando vide che la ragazza aveva annuito col capo, continuò. “Oh, e sentiamo, come avresti fatto a capire che ho il Lancia-Carte? Ma è ovvio, i tuoi scagnozzi te ne hanno parlato, ti hanno contattato dopo che gli sono scampato mezz’ora fa! Trovami una cosa che giustifichi ciò se ci riesci, altrimenti ammetti di aver detto una sana marea di idiozie!” gridò in un crescendo di furia. E, nei suoi occhi, si poteva scorgere il desiderio di fare del male alla ragazza.
    “Molto semplice. Abbiamo bussato alla porta di ogni singola persona nel villaggio. Nessuno aveva il Lancia-Carte, ergo ci limitavamo a una bella botta in testa dedita a fargli smarrire la memoria.”
    Dake aprì la bocca per rispondere. Poi la richiuse. Il ragionamento non faceva una piega. Per quanto stupido potesse essere il metodo di reclutamento sfruttato da Alicia, il fine giustificava il mezzo. Erano in tempi di crisi, bisognava adattarsi. Per quanto idiota potesse essere.
    “Allora, sei con me o contro di me?” domandò la ragazza. Inimicarsi la ragazza non sarebbe certo stata la mossa più saggia, il giovane ne aveva già saggiato potenza, velocità e quant’altro. Inoltre la storia lo incuriosiva e gli aveva fatto capire che avrebbe potuto lavorare con gente che condivideva i suoi medesimi ideali. Quindi annuì.
    “Molto bene.”
    Alicia estrasse il Lancia-Carte e piazzò una trappola di cui Dake riuscì a scorgere l’immagine, un apparecchio violaceo in procinto di smaterializzarsi. E i due si smaterializzarono.
    “Carta Teletrasportatore”, esplicò al ragazzo mostrandola con un sorrisetto. “Pratica ed efficace, ti para le chiappe nei momenti più svariati e ti risparmia la fatica dei lunghi viaggi. Se conosci già il posto, altrimenti correresti il rischio di trovarti nel posto sbagliato al momento sbagliato. Ora zitto, grazie.”
    Dake obbedì e si guardò nel frattempo intorno, scoprendo con un certo disgusto di essere nelle fogne: i due poggiavano infatti i piedi su una piattaforma fluttuante mentre, attorno e sotto di loro, una massa liquida d’un colore non ben definito, tra il violaceo e il marroncino, che lasciava dietro di sé un fetido miasma.
    “Che razza di posto è?” si lamentò il giovane portando la mano al naso, in modo da riuscire a non sentire il fetido odore prodotto dai rifiuti presenti nel luogo.
    Si sentì un rumore, come di un qualcosa che veniva spostato venendo spinto da terra, e contemporaneamente un fascio di luce illuminò i due, subito seguito da una voce:
    “Buona caccia, piccola?”
    Quella annuì per poi salire per quello che si era rivelato un passaggio per quella che pareva un’altra stanza, rapidamente seguita da Dake.
    Primo particolare del nuovo luogo in cui stavano, le pareti erano perfettamente intatte. Né crepature, né addirittura segno di sporcizia alcuno era visibile. Più visibili, invece, erano due persone che sostavano dinanzi a loro. Il primo doveva avere l’età di Dake, era un giovane biondino, i capelli tenuti corti terminanti con bizzarre punte, il fisico esile e asciutto: dava l’impressione di un cerbiatto che teneramente correva nella foresta, e proprio come esso la mente di Dake aveva cominciato a galoppare verso fantasie che non gli erano mai sovvenute prima d’allora.
    L’altro era un omaccione nerboruto, grande e grosso, la folta barba e i capelli neri un tutt’uno deforme. Paragonarlo a un qualche esemplare di scimmia selvaggia certo non sarebbe stato un paragone poi così errato, anche a causa dei peli; facendo un paragone, l’abominevole uomo delle nevi al confronto è glabro.
    “Kyle... Brad... Per una volta ce l’ho fatta.” Disse Alicia ai due per poi voltarsi verso Dake, aggiungendo: “Lui è Dake e ha un Lancia-Carte. In quanto a duelli ci sa fare, potrebbe tornarci utile.”
    “Gah,” sbottò l’energumeno di nome Brad. “qualcuno più sveglio ci avrebbe fatto sicuramente comodo. Guarda che faccia da ebete!”
    Lei e l’altro lo guardarono meglio, poi la rossina sorrise. Non un sorriso divertito, o di gioia... più un sorriso rassegnato.
    “Brad, è nell’età degli scoppi ormonali...” fece notare il biondino dando poi due schiaffetti a Dake. “... Sei sveglio? Ci sei?” domandò con un lieto sorriso in volto.
    Dake annuì, arrossendo. Sicuramente non era ciò che si aspettava da un gruppo di persone che lottavano contro un folle, ma la sorpresa non era certamente sgradita, anzi.
    “Io sono Brad,” si presentò l’omaccione. Le buone maniere le conosceva. “e spero tu ci sia utile.”
    “Io sono Kyle. Hai mai visto gli occhi di un cieco?” domandò l’altro.
    Dake sorrise cordialmente ai due, guardando poi di sottecchi Kyle per la bizzarra domanda che gli era stata posta. Sicuramente no, non aveva mai visto gli occhi di un cieco, quindi negò col capo.
    “Uhm,” esclamò d’un tratto Brad. “che ne dici di un... test, Dake?”
    “Test?” ripeté il castano con fare stupito.
    “Ovvio. Un duello.” Spiegò quello. Poi, senza attendere risposta, esclamò: “MODALITA’ DUELLO!”
    La parte di pavimento su cui si trovavano Brad e Dake si sollevò e si spezzò in due metà, per poi far materializzare la solita griglia su cui poggiavano i mazzi. Alicia e Kyle erano rimasti sotto. La ragazza diede un’occhiata di sfuggita a Dake, poi commentò in un sussurro:
    “E’ innamorato di Kyle. Fuori dalla mia portata.”
    MODALITA’ DUELLO SINGOLO – ATTIVATA

    LIFE POINTS DAKE: 8000
    LIFE POINTS BRAD: 8000

    “Precedenza agli esperti, pivello!” esclamò Brad portando la mano al suo Deck aggiungendo una carta alla mano. “Pesco! Ora passo alla Fase Principale e procedo all’Evocazione Normale di Costellazione Pollux (ATK 1700)!”
    Dei puntini bianchi brillarono in mezzo al campo di battaglia, poi una linea del medesimo colore li unì disegnando la Costellazione dei Gemelli. Un bagliore ed ecco un guerriero, armato di tutto punto, con armatura bianca e oro, spada bilama e i capelli pettinati in una treccia, compariva in campo pronto a fare il proprio dovere.
    “Sai il bello, ragazzo? Il potere di questo mostro mi consente di Evocare Normalmente un altro mostro Costellazione... Nel mio caso, Costellazione Algiedi (ATK 1600)! Il suo potere mi consentirebbe di Evocare Specialmente anche un altro mostro Costellazione... Ma non voglio fare troppo il bastardo con un novellino, quindi sovrappongo i miei due mostri!” esclamò.
    La spada di Pollux si tramutò in altre stelle, che formarono la costellazione della Vergine: una ragazza bianca con un bizzarro casco del medesimo colore in testa e due ali sintetiche. I due si tramutarono in raggi giallastri che si rigettarono in un vortice galattico, causando esplosioni al suo interno. Subito dopo un centauro argenteo e dorato atterrò sul terreno, con due lucciole fluttuanti attorno.
    “COSTELLAZIONE OMEGA (ATK 2400)! E ora ti posso anche passare la mano.”
    Le luci passarono a Dake, che poté formalmente dare il via al suo turno.
    “Pesco. Ora chiamo in posizione offensiva Cane di Fuoco Flamvell (ATK 1900)!” esclamò mentre nel suo lato di gioco delle braci ancora accese si ponevano a creare un cane che, abbaiando, guardò in cagnesco il mostro avversario. “Ora attivo E-Energia, in modo da potenziarlo di 500 ATK!” gridò mentre le ceneri del suo cane divamparono, creando un piccolo incendio.
    “Ora i nostri mostri si equivalgono, ergo posso attaccare la tua Costellazione... e distruggerla!”
    Il cane si gettò all’assalto del centauro e, dopo una epica lotta, Omega optò per una azione suicida, esplodendo in mille bagliori e portando con sé l’avversario.
    “Bene. Diresti che siamo in pareggio, ma ora si attiva l’effetto di Cane di Fuoco Flamvell: posso infatti Evocare Specialmente dal mio mazzo un mostro, a patto che sia di attributo FUOCO e abbia 200 DEF! Nel nostro caso, Mago Flamvell (ATK 1400)!” esclamò. Dai resti del cadavere del cane nacque un nuovo essere, un uomo dalla pelle bluastra indossante una tunica. Dalle mani lanciò un getto di fuoco contro Brad, causandogli qualche danno.
    LIFE POINTS BRAD: 6600
    Dake sorrise. Era all’inizio, ma tutto stava già andando per il verso giusto. Guardò Kyle e gli lanciò un pollice alto. Non c’era un reale motivo. Era contento di come stava andando la sua vita, di come fosse cambiata in poche ore. Una nuova speranza.
     
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    Capitolo 3

    Le torri di Galdos, dal nome dell’architetto che le progettò in tempi immemori, erano divenute famose in tutto il regno conosciuto, e forse anche un po’ oltre. Chi lo sa, pochi s’era avventurato oltre la catena montuosa dello Spaccacielo e nessuno era tornato. A parte qualche cadavere o misteriose ossa umane cadute dal cielo sulla testa di qualche malcapitato. Come tornassero al Regno non era dato saperlo.
    In ogni caso, quelle torri erano la residenza di Gulldor, collocate su una montagna che dominava la città (per quanto di città si potesse parlare) e collegate a essa tramite un comodo tele-trasportatore, in modo da rendere fisicamente possibile il raggiungimento di quella meta.
    Anche se, solitamente, nessuno si permetteva di raggiungere quella solitaria magione, composta da una ampia e solida base in quello che alla vista sarebbe sembrato marmo, ma che al tatto si rivelava molto più coriaceo e gelido, e da qualche torre che si slanciava alta nel cielo, terminando con una punta che faceva apparire come una gigantesca mano artigliata il maniero. Non che il paragone fosse totalmente errato, visto che da quel luogo il Folle teneva in pugno tutto e tutti. Dio che comanda i mortali dal Paradiso. Mi ritrovo a far notare una cosa circa un paragone, ossia che questa volta è errato paragonare Gulldor a Dio, poiché il primo è essenzialmente malvagio e l’altro una entità buona per definizione. No, aspettate, un Dio può essere anche malvagio. Errato è il paragone tra il castello e Paradiso, suppongo. Ma, visto che un Dio che sta in Paradiso è a rigore di logica buono, non stavo sbagliando.
    In ogni caso, nel pianterreno del castello in questione era presente una sala molto ampia, con drappeggi di tessuto pregiato alle ampie vetrate, un tappeto rosso che la percorreva interamente nella sua lunghezza e, immancabilmente, il classico trono impreziosito da rubini, zaffiri e quant’altro.
    La cosa più interessante della stanza, però, non era situata né nelle sfarzose decorazioni né nell’ampio numero di cadaveri che incorniciavano lo stanzone... bensì in due figure: la prima era un uomo alto, dalla folta capigliatura bionda; indossava una cotta in ferro e brandiva una spada a due mani. Dal braccio sinistro un lungo taglio faceva colare il sangue lasciando una scia di riconoscimento cremisi. L’altro, avvolto dalla semioscurità della stanza, era invisibile.
    “Tu... Bastardo!” gridò l’uomo alzando lo spadone sopra la propria testa e caricando l’altro, con tutta probabilità intenzionato a squartarlo. Scoppiò una tetra risata, seguita da una fredda osservazione:
    “Spada Claymore. Fatta da un buon fabbro, senza dubbio... Ma, rispetto alle Claymore di diecimila anni fa, si evidenzia un profondo calo di qualità.”
    La voce che pronunciò queste parole era annoiata mentre colui che le aveva pronunciate alzava una mano e puntava il dito indice contro l’uomo.
    “Nifel Wind.”
    Sebbene l’ambiente fosse chiuso, un gelido vento sibilò alle spalle dell’ombroso, dirigendosi verso l’altro uomo. Improvvisamente si poté vedere un turbine violaceo che roteava imperterrito su sé stesso, avvicinandosi al bersaglio. L’uomo lo vide e, in un disperato tentativo, con un selvaggio grido di rabbia, si scagliò contro l’altro, venendo però intercettato dal tifone.
    Il vento sollevò l’uomo in aria, mentre le forti correnti ne laceravano le resistenti vesti, causavano ferite nella carne e, mentre il sangue colava abbondantemente lasciando ben presto una pozzanghera rossastra sul pavimento, delle polveri si depositarono nelle ferite dell’uomo, facendolo gridare di dolore mentre quel veleno, spargendosi in tutto l’organismo, gli causava una lenta agonia.
    Un paio di minuti dopo il vento si placò e la vittima cadde a terra. Era un bell’uomo. I vestiti ridotti a brandelli, le ferite in tutto il corpo e la faccia diventata un’unica smorfia di dolore mentre raggiungeva lo stato di non-esistenza, fisicamente inzuppato dal suo stesso sangue.
    La stessa voce che aveva detto ‘Nifel Wind’ disse:
    “Non cambia mai. Ci saranno sempre i rivoltosi. Altre vite gettate al vento per niente. Per l’egoistico desiderio di una vita nel caos...”
    Poco dopo si sentì un rumore di passi, seguito dall’arrivo di una persona che, dal momento che la luce illuminava solo la parte centrale della stanza, risultava invisibile. Quello disse:
    “Supremo Gulldor. Suppongo di aver trovato traccia di rivoltosi.”
    “Molto bene.” Rispose pacatamente l’uomo celato nell’oscurità, il Folle. “Chi è più adatto a eliminarli?”
    Dopo qualche attimo di riflessione pronunziò un nome. “Vance. Chiama Vance. E’ sicuramente il migliore in questo campo.”
    Il nuovo arrivato annuì e se ne andò a passo lento.
    Dopo questo breve e simpatico siparietto, torniamo ai nostri eroi. Al momento nel Covo della Resistenza Dake e Brad stavano duellando, ed era il turno dell’omaccione.
    “Pesco!” esclamò mentre lasciava una scia nell’aria afferrando una carta. “Innanzitutto tu controlli un mostro e io no, quindi posso chiamare in campo dalla mia mano Cyber Drago (ATK 2100) in posizione offensiva!” esclamò.
    Nello stesso istante da una fessura sul terreno si materializzò un serpente in acciaio, il lungo corpo iniziante con una bocca munita di zanne e terminante con una coda affilata, quasi una sciabola. La lega di acciaio con cui era composto era d’un grigio opaco e veniva periodicamente attraversata da delle linee azzurre, come misteriose vene, in prossimità dei circuiti che gli davano vita.
    “Non pensare abbia chiamato questo mostro solo per eseguire un attacco diretto; infatti approfitto dell’Incantesimo conosciuto come Luminosità Ascendente: posso bersagliare, grazie a questa carta, un mostro LUCE che controllo... considerandolo un mostro Tuner!” esclamò mentre il suo mostro veniva ricoperto da un alone celestiale che, staccandosi da lui, creò due copie perfettamente identiche dello stesso mostro, un guerriero dal fisico esile e un’armatura argentea. “Non ti ho detto il bello, pivello: infatti posso anche Evocare Specialmente dal mio mazzo fino a due mostri LUCE, a patto che siano di Livello 3 e che abbiano lo stesso nome! Ovviamente tutto ha un prezzo... nel mio caso, la negazione della Battle Phase e l’impossibilità a Evocare mostri non-LUCE fino alla fine del turno di gioco!”
    Dake sorrise. Era un’ottima carta che consentiva di preparare il terreno, ma aveva troppe limitazioni. Non faceva sicuramente per il castano.
    “Comunque,” esclamò Brad. “ti voglio far notare una cosa: ho un mostro Tuner e due non-Tuner! Comincio sincronizzando Cyber Drago con la prima Costellazione Sheratan!”
    Il Drago si scompose in cinque sfere verdi che entrarono dentro il guerriero astrale, creando un guerriero dalla carnagione blu, molto alto, simile a una pantera, con un muso canide con una espressione indifferente dipinta in volto; indossava una veste simile a quella degli imperatori romani e dalle zampe anteriori fuoriuscivano periodicamente getti di fulmini.
    “Forza, Anubi del Tuono (ATK 2400)!” Gridò, per poi proseguire esplicandone i poteri. “Forse il suo valore offensivo non ti sembrerà molto alto, ma non temere: non l’ho evocato mica per questo! Si attiva infatti il suo potere speciale con cui, appena tocca il Terreno, posso chiamare un mostro Tuner LUCE dal mio Deck: nel mio caso, Arachnotrot Tonante (ATK 1200).”
    Le saette che fuoriuscivano dalle zampe del Synchro si mossero e danzarono sinuose in una frenetica danza, finché non crearono un ragno metallico. Le eccedenti fuoriuscirono sotto forma di raggi giallastri, creando misteriose ragnatele al contatto col terreno.
    “Sai il bello? Anche questo mostro ha un potere speciale, nel caso che, se viene usato per Sincronizzare un mostro e tutti i materiali sono LUCE, si potrà Evocare Specialmente un mostro Synchro di Livello otto! E... la cosa più bella è fare il bastardo con un novellino, ergo sincronizzo Sheratan e Arachnotrot, in modo da Evocare il Drago Polvere di Stelle (ATK 2500)!”
    Il ragno e il guerriero stellare eseguirono le stesse mosse fatte dal duo precedente, consentendo la creazione di un dragone bianco dall’interno delle ali violacee, il muso appuntito e un ventre costituito da strane “piastre”.
    “Non posso fare molto altro... Quindi passo!” esclamò l’omone nerboruto lasciando campo al giovane rivoluzionario.
    “Molto bene, tocca a me!” esclamò Dake. “Pesco, quindi ev-”
    La frase fu stroncata sul nascere da un forte rumore. La cupola virtuale si disfece, e così le piattaforme su cui i due contendenti avevano iniziato la tenzone. Tutti si voltarono a guardare il punto da cui era arrivato il rumore, ovvero un muro. A Dake bastò qualche istante per capire tutto. Qualche istante di troppo.
    Si sentì spingere allo stomaco e qualche secondo dopo stava accasciato a un muro, dolorante.
    “Cosa diavolo... ?” imprecò passandosi una mano sulla pancia, sentendo ancora il dolore pulsante.
    “Un generale.” Borbottò Alicia tra sé mentre con una occhiata impartiva il tacito ordine di prepararsi ad un ipotetico imminente scontro.
    Guardando più in là Dake poté scorgere il muro, ormai ridotto in frantumi, e nel polverone la sagoma di un uomo: aveva lunghi capelli grigiastri, era alto e muscoloso; indossava una armatura a piastre, nera, e brandiva in mano una spada finemente decorata in oro.
    “Molto bene...” disse quello. “E così voi sareste coloro che osano ribellarsi a Gulldor? Beh, capirete quanto sia errato farlo... Ma,” aggiunse dopo qualche attimo carico di tensione. “mi sembra ingiusto eliminarvi tutti così, senza lasciarvi la benché minima possibilità di salvezza. Ho portato con me quattro amici... vi divertirete un po’ con loro, poi passeremo alle maniere forti. La disputa è stata modulata. A voi il resto.”
    Così dicendo avanzò, lasciando mostrare altri quattro esseri, il cui aspetto era in tutto e per tutto simile a quello dei Soldati Neri. I quattro si slanciarono contro i rivoltosi e, così facendo, creavano un Legame di Duello Fisico, quattro differenti cupole in cui erano costrette le coppie finché uno dei due combattenti non fosse caduto stramazzante al suolo.
    Dake tolse subito il suo coltellino da dove lo teneva, ossia al sicuro in una tasca dei pantaloni, per poi piegare leggermente le ginocchia e guardare negli occhi colui che al momento era il suo avversario e che, ne era certo, sarebbe finito stramazzante al suolo poco dopo, chiedendo pietà. Una richiesta che non sarebbe stata esaudita.
    L’avversario scattò in avanti, ma la risposta del sedicenne non si fece certo attendere, in quanto scattò anch’egli in avanti. Ciò che Dake non si sarebbe aspettato fu la reazione del Soldato Nero, in quanto spiccò un balzo e, rivelando due spade che teneva dietro la schiena, le usò per fendere l’aria causando un’onda d’urto violacea, che fortunatamente passò sopra la testa del ragazzo facendolo uscire incolume e causando un polverone a terra.
    Subito dopo, però, sempre lo stesso avversario si avvicinò a Dake e, afferrandolo da sotto le ascelle, lo portò a elevata quota per poi lasciarsi cadere, causandogli qualche ferita.
    “Merda,” pensò il giovane. “non sono abituato agli avversari volanti. Vedrò che fare.”
    Il Soldato tentò nuovamente il fendente aereo ma Dake, non facendosi attendere, spiccò un balzo e diede un fendente col suo coltello all’avversario, causando squilibrio fisico e facendolo cadere bruscamente a terra.
    “E vai, un colpo.” Pensò rimettendosi in posa da combattimento.
    Quello che non si sarebbe certo aspettato fu un’altra reazione da parte dell’avversario, che si rialzò a una velocità davvero elevata e diede tre colpi all’aria sfruttando le sue spade, causando un numero uguale di onde d’urto che si schiantarono bruscamente contro Dake, facendolo infine battere contro il muro.
    Laddove era avvenuto l’impatto i vestiti del ragazzo presentavano tagli abbastanza profondi e lo stato di equilibrio del giovane era certamente compromesso. Non sapeva come fare, e nel mentre il Soldato continuava a svolazzare sopra il capo dell’altro.
    Non poteva lasciarsi sconfiggere così. Semplicemente non poteva. Con tutte le sue forze si rimise in piedi e estrasse nuovamente il coltello, tenendolo bene in vista di fronte al Soldato, e si slanciò in un impeto di furia. L’altro tentò una raffica di fendenti, ma nessuno riusciva a colpire il ragazzo che, con rapidi scatti, se li lasciava rapidamente alle spalle fino al raggiungimento del bersaglio, che venne centrato in pieno e colpito in volto da un pugno.
    Subito dopo lanciò il pugnale. Una raffica di vento lo lanciò via e Dake lo riafferrò mentre stava in aria.
    L’uomo (o demone?) venne avvolto da un’aura violacea mentre si rialzava. Qualcosa di antico e terrificante pulsava in lui.

    ***




    Alicia sentiva qualcosa di strano nel suo avversario, eppure non era diverso da tutti quelli con cui aveva combattuto. L’uniforme nera eccetera. Eppure, mentre stringeva i pugni preparandosi allo scontro, sentiva di dover temere quello. Senza motivo.
    L’altro allineò le gambe e mise a coppa le mani, poi una strana aura violacea lo avvolse. Subito dopo quattro sue copie perfette si formarono in un lampo. Alicia alzò la guardia e stesse a osservarle con attenzione.
    Una delle copie agì. Alicia fu presa alla sprovvista e colpita da un pugno dell’avversario che le mozzò il fiato. Però, sebbene la sorpresa, i tempi di reazione della giovane non erano rimasti intaccati e quindi riuscì a mollare un potente pugno allo stomaco all’avversario. Istantaneamente tutte le copie scomparvero.
    Una volta che, con un balzo, l’oscuro ebbe riottenuto le distanze, eseguì un balzo verso Alicia. La ragazza lo evitò e le distanze si riformarono. Subito dopo il Soldato lanciò uno shuriken, la stella metallica tipica dei ninja, contro la rivoluzionaria. Quella, presa alla sprovvista, fu colpita in pieno volto, ottenendo un lungo taglio appena sotto l’occhio.
    L’arma, come mossa da volontà propria, tornò indietro e si ingigantì in modo che l’uomo poté saltarvici sopra e, da lì, lanciare una raffica di kunai, i famosi coltellini ninja.
    La ragazza alzò un braccio e scagliò un raggio di fuoco, facendoli scomparire come erano scomparse le copie. La battaglia si stava rivelando più dura del previsto.
     
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